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venerdì 24 Ottobre 2025
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Le disuguaglianze aumentano e la vera frattura nella politica è nel sistema fiscale

Negli ultimi anni, una parte crescente del dibattito politico e mediatico ha suggerito che la politica
abbia smesso di ruotare attorno agli interessi economici. Secondo questa visione, oggi la vera linea di frattura attraversa le società in termini culturali: da un lato, i progressisti globalisti e cosmopoliti, dall’altro i conservatori identitari, legati alla tradizione e alla nazione. Le elezioni si vincerebbero ormai mobilitando emozioni, simboli, paure e appartenenze culturali, più che offrendo soluzioni materiali.
Ma questa narrazione, per quanto diffusa, è fuorviante. Non perché i temi culturali siano irrilevanti – al contrario, sono centrali nella costruzione della cittadinanza e del tessuto sociale – bensì perché spesso vengono usati per nascondere un’altra grande verità: la politica continua a essere strutturata attorno agli interessi economici, e mai come oggi le disuguaglianze sociali sono determinate da scelte economico-fiscali precise.

Una frattura invisibile: la disuguaglianza economica

Dietro la superficie delle polemiche identitarie – migranti, gender, patriottismo, memoria storica – si
sta consumando un processo silenzioso ma devastante: l’aumento della disuguaglianza
economica. Secondo le analisi dell’Ocse, della Banca d’Italia e di varie istituzioni europee, la
ricchezza negli ultimi decenni si è concentrata sempre più nelle mani di una minoranza, mentre i
redditi medi e bassi hanno visto stagnazione o peggioramento del potere d’acquisto.
Il cuore del problema è il sistema fiscale. In Italia, come in molti altri paesi occidentali, la
tassazione è diventata sempre meno progressiva. Oggi sono soprattutto i lavoratori dipendenti a
sostenere il peso dell’imposizione fiscale, mentre le grandi ricchezze e le rendite finanziarie sono
tassate in modo più lieve, spesso attraverso aliquote fisse o regimi agevolati.

Fisco regressivo: come funziona

L’Irpef, formalmente una tassa progressiva, ha perso incisività: solo una parte dei redditi vi è
realmente soggetta, mentre molti redditi da capitale (dividendi, plusvalenze, interessi) sono tassati
con imposte sostitutive tra il 12,5% e il 26%. In pratica, chi lavora paga più in proporzione di chi
vive di rendita. Inoltre, l’Italia non prevede una vera imposta patrimoniale sui grandi patrimoni, limitandosi a forme quasi simboliche come l’Imu su immobili diversi dalla prima casa.
Questo sistema alimenta una spirale perversa: chi ha molto può accumulare ancora di più, mentre
chi lavora fatica a migliorare la propria condizione. Le politiche redistributive, già deboli, diventano
inefficaci. E quando le istituzioni appaiono incapaci di correggere queste ingiustizie, cresce il senso
di frustrazione, che può essere incanalato in rabbia identitaria e rancori culturali.

Tassare i ricchi: il movimento “Tax the Rich”

In questo contesto si inserisce il movimento Tax the Rich, nato negli Stati Uniti ma con eco
crescente anche in Europa. Il suo messaggio è semplice: se vogliamo società più eque, dobbiamo
tornare a tassare chi ha di più. Non per spirito punitivo, ma per finanziare servizi pubblici, garantire
diritti sociali e restituire senso alla democrazia.
Le proposte spaziano dall’introduzione di una patrimoniale progressiva sui grandi patrimoni,
all’aumento delle imposte sulle rendite finanziarie, alla lotta all’evasione fiscale e ai paradisi fiscali.
L’obiettivo non è solo moralmente giusto, ma anche economicamente razionale: la concentrazione
estrema di ricchezza deprime la domanda interna, frena la crescita e mina la coesione sociale.

Conclusione: la politica deve tornare a governare l’economia.

Riconoscere che la politica non ha abbandonato il terreno economico è essenziale per tornare a
una discussione pubblica più onesta e responsabile. Le guerre culturali, per quanto vivaci e
visibili, non devono farci dimenticare che le principali fratture che attraversano le nostre
società restano quelle materiali: chi ha e chi non ha, chi eredita e chi lavora, chi è protetto e chi
è esposto.
Per questo motivo, chi vuole davvero costruire una società giusta e inclusiva non può eludere la
questione fiscale. Tassare i grandi patrimoni non è un tabù: è un atto di giustizia.

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