Di Lelio Violetti
C’è nel nostro Paese una sorta di credo fideistico nei miracoli della tecnologia e a tal fine si usano parole roboanti per descriverne i possibili risultati così nel campo dell’evasione fiscale ormai siamo arrivati, per annunciarne gli effetti, all’impiego di parole quali “big data” o “data mining” che incutono timore e rispetto solo ad ascoltarle.
A parte che almeno, a livello linguistico, per rispettare il nostro idioma, sarebbe utile ed opportuno mantenere un po’ di dignità sovranista si fa, almeno nel settore della lotta all’evasione, una, forse voluta, grande confusione fra tecnologia come strumento e tecnologia come prodigio.
In merito alle recenti, audaci e avveniristiche misure adottate per il contrasto all’evasione con l’impiego di un’“enorme miniera di dati digitali” è forte il sospetto che si tratti ancora una volta di pura propaganda piuttosto che di un’effettiva battaglia per ridurre la montagna di risorse sottratte dagli evasori all’impiego pubblico.
Infatti, già dagli anni novanta del secolo scorso le banche dati di cui, all’atto pratico, si parla nella legge, potevano adeguatamente servire allo scopo suddetto in quanto in questo Paese i soli settori in cui si è investito seriamente in informatica, spendendo tra l’altro cifre ingenti, sono il fisco e la previdenza.
Purtroppo, a livello di utilità effettiva oggi, in ambito fiscale, mentre è stato sviluppato un ottimo sistema informatico d’ausilio ai contribuenti (lavoratori dipendenti, pensionati e una piccola porzione di lavoratori autonomi) che non possono evadere perché i loro emolumenti sono tracciati, per gli altri s’è fatta molta “moina” che ha inciso poco sulla diffusione dell’evasione che è di massa e riguarda un elevato numero di soggetti autonomi persone fisiche, in genere, con ricavi dichiarati piuttosto bassi.
Per cui per i dipendenti e pensionati è disponibile l’applicazione telematica della dichiarazione precompilata, che tenendo conto della complessità del nostro sistema non ha eguali, a livello di qualità, in nessun altro paese europeo economicamente avanzato (esempio Francia e Spagna). Per tutti gli altri contribuenti questa applicazione riguarda solo le detrazioni, le deduzioni e i crediti.
Al contrario per chi ha possibilità di occultare i proventi si è agito con strumenti costosissimi per il contribuente ma scarsamente efficaci per l’amministrazione come gli studi di settore che avevano il difetto non secondario di essere auto dichiarati o come il sogno dello spesometro che pretendeva di tenere sotto controllo senza errore tutte le transazioni finali dei contribuenti ovvero miliardi e miliardi d’informazioni gestite da milioni e milioni di contribuenti.
Da questo punto di vista si può solo osservare che invece d’inseguire improbabili e irraggiungibili risultati già una decina d’anni fa, dal 2008, si poteva introdurre la fatturazione elettronica e la tracciatura degli acquisti al consumo finale, strumenti tecnologici, al contrario, assai efficaci per il contrasto all’evasione. Si è arrivati alla loro adozione solo a partire dal nel 2020 e, in aggiunta, la fatturazione elettronica non riguarda tutti i contribuenti in quanto da questa sono esclusi i forfetari con ricavi inferiori ai 65.000 €.
In realtà in merito all’evasione della massa di piccoli contribuenti persone fisiche autonomi, il cui importo rappresenta una percentuale elevatissima del totale dell’occultato, c’è una semplice misura informatica, ormai adottata da gran parte delle amministrazioni fiscali dei Paesi economicamente avanzati, che è quella di agire nei loro confronti preventivamente, mirando ad aumentare la loro adesione spontanea all’obbligo all’atto della presentazione della dichiarazione.
Si tratta di intervenire, impiegando anche in questo caso un termine non sovranista, sulla “compliance” mettendo insieme sotto forma di proposta tutte quelle informazioni digitali, storiche e recenti, che l’amministrazione già conosce sul contribuente, provenienti sia da archivi interni che da fonti esterne e riguardanti regolarità dei pagamenti fiscali e previdenziali, patrimonio immobiliare, atti d’affitto e d’altro tipo registrati, compravendita di auto, mezzi di produzione ricavati dagli studi di settore, ricavi dallo spesometro, fatturazione elettronica, in futuro, e così via.
La quantità di dati disponibile è enorme. A tal fine sarebbe certamente utile disporre anche dell’informazione sui conti del contribuente (saldi iniziali, finali e giacenze medie), negata dal garante della segretezza dei dati, ma anche senza questi dati la proposta avrebbe una sua validità e porterebbe ad una riscossione spontanea e preventiva, contestuale alla dichiarazione, di parte dell’evasione.
È ormai opinione condivisa da gran parte delle amministrazioni fiscali dei paesi economicamente avanzati che accertare l’evasione dei piccoli contribuenti autonomi persone fisiche a posteriori, mediamente a tre-quattro anni dal suo verificarsi, è produttivamente ed economicamente non conveniente per il numero di soggetti da contattare, per l’elevato costo delle risorse da impiegare e per il fatto non banale che con il tempo trascorso il recupero è piuttosto complicato e difficile anche perché in molti casi il contribuente o è fallito, o si è trasferito o è deceduto.
In particolare, si cerca di prevenire per tempo e di far sentire attraverso contatti diretti, anche per via telematica, la presenza dell’amministrazione che con l’accertamento a posteriori appare al contribuente del tutto assente poiché lo raggiunge percentualmente nel tempo in pochissimi casi o addirittura non lo raggiunge mai. Per fare un esempio in Belgio addirittura seguono la regolarità dei versamenti periodici IVA, contestualmente via telefono, nel caso vengano riscontrate delle anomalie sulla loro regolarità.
In sostanza si ha l’impressione che anche in questo caso i “big data” e il “data mining” hanno il solo scopo di annunciare con parole diverse e altisonanti un qualche cosa che già si fa ed eludere, ancora una volta, la concreta misura della precompilazione della dichiarazione IRPEF dei contribuenti autonomi che darebbe subito un consistente ed immediato recupero dell’evaso, tra l’altro duraturo anche negli anni successivi.