Aggiustavano sentenze in cambio di soldi. La procura di Pesaro ha messo a nudo un sistema in grado di neutralizzare l’attività di accertamento dell’Agenzia e della Gdf. Coinvolti funzionari, professionisti e imprenditori
Mazzette per aggiustare i processi tributari. Sotto accusa la quarta sezione della Commissione tributaria provinciale di Pesaro dove alcuni funzionari avevano messo in piedi un meccanismo per garantire impunità ai contribuenti incorsi in accertamenti tributari da parte degli uffici dell’Agenzia. Coinvolti, oltre ai funzionari infedeli anche professionisti e imprenditori. Sei le persone arrestate con l’accusa di corruzione e concussione, mentre altre sei sono indagate a piede libero. Le indagini, condotte da Carabinieri e Gdf, hanno evidenziato un meccanismo, ben olitao, che prevedeva una mazzetta ‘variabile’ a seconda della difficoltà del caso e dell’importo contestato. Si andava da 5.000 a 15.000 euro, ma si poteva arrivare anche a 200.000 come nel caso dell’imprenditore Athos Rosato, al quale era stata contestata una presunta evasione di 30 milioni. Il danno alle casse dello Stato è stimato in centinaia di milioni di euro.
In carcere su ordine del gip Lorena Mussoni sono finiti il giudice relatore della Commissione tributaria provinciale Bruno Venturati, il segretario Beniamino Mensali, presunto collettore delle bustarelle, arrestato in flagranza mentre ritirava 10 mila euro da un commercialista, e l’imprenditore ittico fanese Athos Rosato. Agli arresti domiciliari tre presunti intermediari delle ‘mazzette’: l’avvocato pesarese Attilio Sica, 40 anni, e due commercialisti, Paolo Tartaglia, 63 anni, di Pesaro, e Giuseppe Festini, 72 anni, un ex sottufficiale della Gdf con studio a Fano. Secondo i pm Monica Garulli e Valeria Cigliola, coordinati dal procuratore Manfredi Palumbo, il meccanismo con cui gli imprenditori (otto i casi emersi, ma secondo la procura potrebbero essere molti di più) si sottraevano al versamento delle somme accertate era molto semplice. Attraverso gli intermediari pagavano la tangente che veniva incassata dal collettore Mensali, che provvedeve a spartirla con il giudice relatore dei contenzioso addomesticato. Gli altri indagati per corruzione in atti giudiziari sono: Virgilio Aloisi, 71 anni di Cantiano, allontanatonegli anni scorsi dall’Agenzia delle entrate, Giancarlo Zaffini, 67 anni di Fano, Giacomo Perugini, 65 anni residente a Cartoceto, Dario De Rosa, 45 anni residente a Pesaro ma originario di Savona oltre ad altri due componenti della quarta sezione della Commissione tributaria: Giancarlo Polidori, 73 anni di Urbino e Sergio Pretelli, 74 anni anche lui della città ducale.
Le indagini, ricostruite dal Gip nelle 84 pagine di ordinanza avranno con tutta probabilità ulteriori sviluppi nei prossimi giorni con l’avvio dei controlli sui conti delle persone coinvolte. L’inchiest, come ha spiegato il procuratore Manfredi Palumbo, ha preso in considerazione fatti corruttivi dal 2008 in poi, ma il sistema era in vigore da molto tempo”. Saranno eaminate tutte le sentenze sospette della quarta commissione tributaria, quella in cui lavoravano i giudici coinvolti. Massima collaborazione all’indagine è stata prestata dal presidente della Commissione tributaria di Pesaro Alfredo Mensitieri che aveva presentato una denuncia alla procura su un episodio che vedeva coinvolta proprio la quarta commissione. Una segnalazione che ha contribuito a far arrestare in flagranza di reato il seggretario della quarta commissione tributaria. Decisive nelle indagini le intercettazioni, come ha evidenziato il procuratore Manfredi Palumbo, il quale ha anche colto l’occasione per evidenziare l’inadeguatezza della giustizia tributaria: “le commissioni così come sono non possono andare più bene. Serve una magistratura contabile che sappia decidere in totale indipendenza. In questo caso, le persone sottoposte ad indagine hanno potuto agire per i loro interessi sfruttando un vuoto normativo e di regolamento interno. Questo permetteva loro di attrarre i fascicoli oggetto di corruzione assicurando dietro pagamento di tangenti, i risultati sperati. Come l’annullamento ad Athos Rosato di un accertamento per circa 30 milioni di euro”.