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martedì 8 Luglio 2025
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La funzione taumaturgica del condono fiscale nella politica italiana

Il condono, oltre che uno schiaffo agli onesti è un danno per le casse dello Stato. Alimenta nel medio lungo periodo il fenomeno perverso dell’evasione e anzichè risolvere i problemi di finanza pubblica li trascina nel tempo. A pagare il conto, con interessi salatissimi, sono i contribuenti corretti.

Di Oreste Saccone

Sulla scena della politica italiana riemerge prepotente il vento del condono come soluzione estrema per reperire fondi per la crescita e lo sviluppo. Una sorta di totem da evocare in tempi di magra. La letteratura tributaria ne conosce di tutti i tipi: si va dal condono tombale allo scudo, dall’integrativa semplice al concordato preventivo, dal concordato per gli anni pregressi, al concordato di massa, dalla definizione agevolata delle liti potenziali alla definizione agevolata delle liti pendenti, dalla deflazione del contenzioso, alla rottamazione dei ruoli. Una fantasia, quella dei condonisti, messa in campo per mascherare una realtà che accomuna tutti i tipi di sanatoria: lo Stato rinuncia ad esercitare il suo ruolo e per motivi di cassa si accorda con gli evasori, assicurando loro l’impunità. Per lo Stato si tratta comunque di una doppia perdita. Ma questa volta, se si dovesse varare l’ennesimo condono, potrebbe andare ancora peggio con una sicura debacle per l’erario sul versante del minor gettito da contrasto all’evasione. La Corte dei Conti ha calcolato che dal 1900 ad oggi sono stati messi in campo sotto diverse vesti 58 condoni, poco meno di uno ogni due anni. E sicuramente si tratta di un calcolo approssimato per difetto.

 

Ma qual è il costo di una sanatoria? L’esperienza dell’ultimo maxicondono 2002- 2003 è emblematica. Il periodo relativo alla presentazione delle domande di condono è stato interessato da una sorta di lunga tregua fiscale in un clima di attesa surreale. L’azione di accertamento è stata, di fatto, completamente sospesa e, come in una sorta di contrappasso, l’intera macchina fiscale (38.000 funzionari dell’Agenzia delle Entrate, 68.000 militari della guardia di finanza ,di cui non meno di 20.000 destinati al contrasto all’evasione) è stata impiegata per fare “compliance” verso i potenziali clienti – contribuenti – evasori (informazioni, consulenze, invio di comunicazioni, questionari, accessi e verifiche avviati e sospesi, etc etc.). Lo stesso vale per i consulenti (commercialisti ed esperti fiscali), impegnati in questa fase a fare calcoli e prospettare soluzioni sulla convenienza della sanatoria ai propri clienti. E’inevitabile che chi aveva consigliato prudenza e serietà nei rapporti con il fisco è stato considerato dall’assistito poco esperto o quanto meno improvvido, per non aver tenuto in debito conto la variabile “condono fiscale”. Anche le Commissioni tributarie hanno sospeso gran parte della loro attività, legata per lo più a controversie interessate dal condono. Si è bloccata la riscossione coattiva dei tributi (oggi gestita da Equitalia) e la notifica dei ruoli erariali interessati dalla sanatoria e, di conseguenza, è venuto meno il relativo gettito.

Poi, passato il tempo del condono, l’intera macchina operativa del fisco si è vista gravata da una duplice missione, che ha impegnato quasi tutte le sue risorse per diversi mesi. La prima è consistita nel controllo della regolarità delle domande di condono presentate, operazione che è prodromica a qualsiasi attività di accertamento. La verifica delle diverse forme di sanatoria ha riguardato milioni di atti che, mediante apposite procedure (elaborate per l’occasione), sono stati tutti controllati e liquidati. Non di rado la sanatoria ha interessato fattispecie piuttosto complesse e economicamente molto rilevanti, che hanno avuto bisogno di particolare approfondimento e competenza. Spesso tali atti e procedure hanno coinvolto necessariamente più istituzioni. Ad esempio, nel caso di chiusura agevolata di una lite pendente sono stati coinvolti l’ufficio finanziario, che ricalcola il dovuto e conferma la regolarità della sanatoria, la Commissione tributaria, che provvede ad estinguere il giudizio, il Concessionario della riscossione, che deve effettuare lo sgravio delle somme iscritte a ruolo.

La seconda missione, non meno gravosa della prima, ha riguardato la necessità di aggiornare gli archivi informatici e fisici per ripulirli di tutti gli atti ed elementi d’indagine (centinaia di migliaia di fascicoli, segnalazioni, atti di accessi, ispezioni, atti di accertamento), superati e resi inutili dal condono, e consentire una accettabile programmazione dell’attività di controllo futura. In concreto è trascorso oltre un anno dalla chiusura del condono prima che sia stato possibile per l’amministrazione finanziaria riprendere a pieno regime l’attività di controllo e assicurate alle casse dell’erario i primi proventi (derivanti dalla lotta all’evasione) post-condono. Oggi, dopo 9 anni, restano ancora molti velenosi strascichi del maxicondono del 2002, che pure fu enfatizzato alle epoca come un grande successo politico, visto che il gettito calcolato sulla base delle domande di sanatoria presentate è stato di circa 26 miliardi. Ancora oggi però dei 26 miliardi mancano all’appello 4,18 miliardi, non versati da coloro che hanno beneficiato del condono pagando solo la prima rata[1].

Di recente il legislatore ha cercato di correre ai ripari prevedendo una specifica azione ricognitiva da parte dell’Agenzia delle entrate e di Equitalia per recuperare in via coattiva le somme non ancora versate e, in caso di omesso versamento entro il 31 dicembre 2011, una sanzione pari al 50 delle somme dovute, oltre all’assoggettamento a controllo della posizione del contribuente relativamente ai periodi d’imposta per i quali è ancora in corso il termine di accertamento (art. 2, comma 5-bis, dl. 138/11). Ma come si può pensare di recuperare somme così importanti dopo quasi 10 anni da debitori inadempienti che hanno avuto tutto il tempo per organizzare il proprio assetto patrimoniale in modo da rendersi insolventi? Lo stesso direttore dell’Agenzia delle Entrate ha rivelato[2] che su 4 miliardi, almeno 2,5 md. possono ritenersi persi, a causa del fallimento o della irreperibilità dei destinatari.

Nel mentre, com’è noto, la consuetudine italica alle periodiche indulgenze fiscali ha aperto gli occhi all’Ue e la Corte di Giustizia nel 2008 ha dichiarato incompatibili con il diritto comunitario le disposizioni del maxicondono 2002 relative all’integrativa semplice e al condono tombale in materia di Iva. In tale contesto si aggiunge infine, come ha rilevato la Corte dei Conti , la tendenza ad un crescente impiego della lotta all’evasione fiscale come strumento di politica di bilancio. Detto in soldoni: la lotta all’evasione, più che per fare deterrenza, più che per spingere alla “compliance”, viene utilizzata dall’attuale Governo per preventivare entarte a copertura del deficit e rispondere in modo sostanzialmente virtuale e furbesco alle sollecitazioni dell’Europa e dei mercati finanziari al riallineamento dei conti pubblici.(3).

Così il legislatore in modo piuttosto disinvolto, con le manovre varate fra l’estate del 2008 e quella del 2011, ha già contabilizzato nei bilanci 2011- 2013, proventi attesi dalla lotta all’evasione fiscale per oltre 35 miliardi. In particolare le maggiori entrate attese dalla lotta all’evasione fiscale ammontano a 12, 614 md. nel 2011, 12,359 md. nel 2012 e 10.365 nel 2013. In questo scenario l’ipotesi di un condono fiscale generalizzato sembra un’operazione a perdere (anche nel breve periodo) per almeno tre motivi, che sono una assoluta novità rispetto al maxi condono 2002 – 2003 e che minano alla radice l’eventuale sanatoria.

Primo. L’eventuale condono non potrà interessare l’Iva, che è poi l’imposta più evasa dagli italiani e quindi la più gettonata per i potenziali interessati alla sanatoria, perché è incompatibile con la sesta direttiva comunitaria.

Secondo. L’eventuale condono in caso di pagamento rateale (cioè per gli importi di maggior valore) dovrà essere garantita da fideiussione o da altra forma di garanzia, altrimenti si ripeterà lo stresso sconcio del maxicondono 2002 con contribuenti che hanno goduto dei benefici della sanatoria versando solo la prima rata. Ne consegue il minore appeal del provvedimento.

Terzo. L’eventuale condono brucerà quasi del tutto le maggiori entrate dalla lotta all’evasione attese e messe a bilancio per gli anni 2012 e 2013 pari a circa 23 miliardi.

In conclusione non si capisce come da un eventuale sanatoria generalizzata si possa pensare di ottenere un gettito maggiore di quello realizzato con il condono 2002 2003 (22 miliardi), che consentiva anche la sanatoria ai fini Iva e il pagamento rateale senza garanzie, oggi non proponibili, fino ad reintegrare i 23 miliardi previsti quali maggiori entrate attese dalla lotta all’evasione fiscale per gli anni 2012 e 2013 e raccogliere risorse sufficienti per finanziare la crescita e lo sviluppo.

Note:

1) Il maxicondono 2002-2003, ha consentito di sanare tutto il sanabile a prezzi scontatissimi. Il legislatore dell’epoca (stesso governo e stessa maggioranza parlamentare di oggi) offriva agli evasori una ampia gamma di soluzioni, prevedendo diversi tipi di sanatoria (integrazione degli imponibili, definizioni automatiche, definizione degli avvisi di accertamento, processi verbali di constatazione, atti di irrogazione di sanzione, etc.). Per rendere più appetibile l’adesione alla sanatoria fiscale e fare cassa, non ha vincolato l’efficacia del condono al versamento dell’intera somma dovuta. Nel caso di importi superiori a 3.000 euro per le persone fisiche e a 6.000 euro per gli altri soggetti passivi (società, enti, etc.) i benefici del condono scattavano, anche in sede penale, già con la presentazione della relativa dichiarazione, se prevista, ed il versamento della sola prima rata. senza imporre alcuna forma di garanzia fidejussoria a tutela del residuo credito erariale.

2) Marco Bellinazzo e Antonio Criscione“ Parte la caccia ai furbi del condono” Il Sole24 ore del 14 ottobre 2011, pag. 35.

3) Ne è riprova il fatto che negli ultimi due anni, nonostante i buoni incassi dalla lotta all’evasione fiscale, la dimensione dell’evasione fiscale non è diminuita. Il nostro Paese si colloca al secondo posto nella graduatoria internazionale dopo la Grecia.{jcomments on}

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