L’introduzione di un prelievo sulle transazioni finanziarie produrrebbe effetti rilevanti solo se porevisto a livello mondiale. Ridurrebbe le speculazioni e metterebbe a disposizione degli Stati grandi risorse finanziarie.
di Orlando De Mutiis
Far pagare la crisi a chi l’ha prodotta introducendo un prelievo sulle transazioni finanziarie. I governi dei principali paesi industrializzati rispolverano la Tobin tax con l’obiettivo di ridurre la speculazione e reperire risorse da destinare allo svluppo e alla stabilità dei conti. Il G20 di Canens ha previsto la costituzione di un gruppo di lavoro proprio per studiare le misure da adottare, al quale hanno già dato la loro disponibilità Argentina, Brasile, Etiopia, Francia, Sud Africa, Unione Europea, Unione Africana e Onu. Anche il presidente Obama ha ribadito che ,prima o poi anche gli States saranno tutti concordi nel credere che i grandi speculatori debbano contribuire significativamente alla ripresa economica e a un nuovo sviluppo globale. Ma la difficoltà sta tutta nella necessità di avere un consenso planetario. La Tobin tax infatti produrrebbe effetti molto rilevanti se applicata da tutti paesi con i medesimi meccanismi. Proposta dall’economista James Tobin negli anni 70 fino è stata sperimentata in Svezia ma con scarsi risultati. Tra i suoi sostenitori anche il Vaticano.Che cosa è la Tobin tax. È una tassa sulle singole transazioni valutarie, ideata dall’americano James Tobin, premio nobel per l’economia del 1981, diretta a conseguire vari obiettivi: ridurre la speculazione, contenere la volatilità dei mercati, versare gli introiti alla Banca Mondiale per aiutare i paesi poveri. La proposta di applicare il tributo risale al 1972 ma non ha mai avuto concreta applicazione. L’idea ha alimentato ricerche, studi di vario orientamento ed ha anche ispirato vari tentativi di tassazione delle transazioni finanziarie fatti da alcuni stati, ma tutti si sono rivelati insoddisfacenti. La Svezia ad esempio ha introdotto nel 1984 una tassa dell’1% su ogni compravendita di azioni ( non di valute come ipotizzava Tobin), raddoppiata nel 1986, estesa nel 1989 al mercato obbligazionario ma abolita nel 1991 in quanto aveva prodotto un entrata nettamente inferiore alle previsioni e ridimensionato i volumi di negoziazione sui mercati. L’argomento torna di attualità in coincidenza con i periodi di crisi economica ma per adesso tutto è rimasto come prima.
Principali vantaggi derivanti dall’introduzione della tassa. L’introduzione della tassa sulle transazioni finanziarie viene considerata come ‘sabbia buttata negli ingranaggi’ del mercato. Dovrebbe dunque contribuire a ridurre le operazioni speculative, soprattutto quelle fatte nel breve/brevissimo periodo (acquisti e vendite di titoli fatti, anche più volte, nella stessa giornata, procedendo anche in via automatica con specifici software). Inoltre comporterebbe una entrata rilevante, variabile a seconda dell’entità della tassa applicata ad ogni transazione eseguita. Se applicata a livello europeo nella misura dello 0,1% su compravendite di azioni e obbligazioni e dello 0,01% sui derivati produrrebbe, secondo stime della Commissione Europea, oltre 55 miliardi di euro l’anno. Se applicata a livello mondiale produrrebbe, secondo stime di larga massima fatte dall’Ong Tearfund, una entrata annua di circa 400 miliardi di dollari. La Tobin tax gode anche di ampio consenso popolare. Alle ragioni sull’opportunità della tassazione si somma anche il risentimento verso il mondo della finanza che è considerato il principale responsabile dell’attuale crisi economica e finanziaria.
Perché tassare le transazioni finanziarie risulta problematico. L’introduzione della tassa sulle transazioni finanziarie finora si è scontrata con una serie di difficoltà. Tutti i tentativi fatti nel tempo hanno fornito sempre risultati insoddisfacenti. Se introdotta solo a livello nazionale, potrebbe avere dei contraccolpi e provocare la fuga di capitali verso altre piazze, la riduzione verosimile delle transazioni che comporterebbe una riduzione dei profitti delle società di borsa e delle banche con una conseguente riduzione delle imposte da pagare ( meno transazioni finanziarie, meno commissioni, meno utili, meno imposte da pagare ecc). Per la sua introduzione uniforme a livello europeo, è necessaria l’unanimità dei 27 stati. La Gran Bretagna, che teme per la borsa di Londra, sostiene che si può parlare di una tassa del genere solo in presenza di accordo tra tutte le piazze finanziarie del mondo. Una sua applicazione solo in Europa inoltre avrebbe verosimilmente risultati limitati in quanto finirebbe per spingere gli investimenti verso altri centri finanziari. La tassazione ipotizzata funzionerebbe invece , senza controindicazioni e con risultati rilevanti, se applicata a livello mondiale. Raggiungere però un accordo a livello mondiale non è semplice.
Favorevoli e contrari. Negli ultimi tempi la tassazione delle transazioni finanziarie è tornata di grande attualità. Se ne è discusso anche al G20 di Cannes di qualche giorno fa; nel resoconto dei lavori infatti la tassazione delle transazioni finanziarie viene riconosciuta come una delle strade per trovare fondi da destinare agli aiuti allo sviluppo. Sono aumentati gli stati favorevoli all’introduzione della tassa, tra di essi figurano anche Brasile e Argentina. Tra i sostenitori più convinti la Francia e la Germania. Il Presidente Sarkozy ha detto che è una tassa “tecnicamente possibile, finanziariamente indispensabile, moralmente incontestabile”. Al termine del G20 si è detto ottimista su una sua applicazione almeno in Europa entro il 2012. Il ministro delle finanze tedesco Schaeuble in una recente intervista rilasciata al Financial Times ha sostenuto che l’introduzione di una tassa sulle transazioni finanziarie nella Ue farebbe aumentare le ”opportunità per raggiungere un accordo globale”. Lo stesso ministro ha anche sostenuto che la Germania sta pensando sempre più seriamente di procedere all’introduzione di una tobin tax nazionale. I meno favorevoli all’introduzione della Tobin tax restano gli Usa.
Conclusioni. L’introduzione della tassazione delle transazioni finanziarie avrebbe presumibilmente effetti molto rilevanti, sia dal punto di vista del gettito annuale che come strumento di freno alla speculazione finanziaria, se adottata in modo uniforme a livello mondiale. Gli effetti sarebbero meno evidenti ma ugualmente significativi , se adottata in modo uniforme a livello europeo. L’applicazione della tassa a livello di singolo stato potrebbe avere invece risultati non soddisfacenti. Ove pertanto non si dovesse raggiungere una intesa sull’applicazione uniforme della tassa sulle transazioni finanziarie a livello europeo, intesa auspicabile e che sembra più vicina secondo il presidente della repubblica francese Sarkozy, occorrerebbe evitare di procedere isolatamente e di concertare l’introduzione uniforme della tassa in esame almeno con gli stati di maggiore peso economico favorevoli alla sua introduzione. Il successo anche parziale dell’operazione potrebbe convincere gli stati scettici ad aderire all’introduzione della tassa e far aumentare le opportunità per raggiungere un accordo globale.