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venerdì 24 Ottobre 2025
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Gino Paoli si dimette da Siae, il cantautore è indagato per evasione fiscale

Dimissioni irrevocabili quelle dell’artista, che si difende: “Io pulito, si chiarirà tutto”. Secondo gli inquirenti avrebbe evaso 800mila euro e nascosto compensi in nero in un conto in Svizzera.

Gino Paoli lascia la presidenza della Siae. Lo ha annunciato in una breve lettera inviata al consiglio di gestione della Siae riunitosi questa mattina a Milano. “Sono certo di non aver commesso reati”, ha spiegato, “ma non posso permettermi di coinvolgere la Siae in questa vicenda”. Nel rassegnare le “dimissioni irrevocabili”, il cantautore si è poi detto pronto a “difendere la mia dignità di persona per bene”. Finito nel registro degli indagati assieme alla moglie Paola Penzo, Paoli è accusato di aver evaso il fisco e portato in Svizzera compensi intascati in nero per le esibizioni alle feste dell’Unità. Le indagini dei finanzieri, nate da intercettazioni telefoniche con il commercialista Andrea Vallebuona, sono culminate la scorsa settimana nella perquisizione della sua villa a Nervi e presso gli uffici della Sysdata, dove hanno sede legale tre società a lui riconducibili. Il cantante, che a dicembre fu scoperto al confine svizzero portare contanti oltre il consentito, sarà interrogato il 2 marzo dal procuratore aggiunto Nicola Piacente.

La vicenda. Un conto da due milioni di euro aperto in Svizzera nel 2008 in cui sarebbero confluiti cachet in nero ricevuti alle feste dell’Unità e altri redditi non dichiarati al fisco per circa 800mila euro. Con questa accusa, lo scorso 19 febbraio la Guardia di Finanza ha bussato alla porta della casa genovese del cantante e perquisito gli uffici della Sysdata, dove hanno sede legale tre società amministrate dalla moglie Paola Penzo: “Senza fine”, “Grande Lontra” e “Sansa srl”, sequestrando prove documentali che dimostrerebbero come il cantante abbia traferito il denaro in una banca di Lugano attraverso una fiduciaria Carige. Il controllo è però solo l’ultimo tassello di un’indagine nata per cause incidentali poco più di un anno fa, quando le Fiamme Gialle “inciampano” in una telefonata di Gino Paoli ad Andrea Vallebuona, commercialista al tempo sospettato di truffa e riciclaggio di soldi in Svizzera e poi finito in manette assieme a Giovanni Berneschi e altre sei persone nell’ambito dell’inchiesta sulla Banca Carige. Oggetto delle conversazioni, telefoniche e ambientali, è quel conto milionario in Svizzera su cui ora sta indagando la Procura e che già al tempo non faceva dormire sonni tranquilli al cantante. Siamo agli inizi del 2014: l’accordo bilaterale con la Svizzera sembra imminente e consentirebbe al Fisco di mappare i clienti italiani delle banche elvetiche, tra cui c’è anche lui. Un rischio che l’artista non vorrebbe correre perché, come spiega lui stesso a Vallebuona, al di là delle Alpi ha portato migliaia di euro e nascosto compensi ricevuti in nero per le esibizioni alle feste dell’Unità. “Non voglio che si sappia che ho portato soldi all’estero, è un danno per la mia immagine” ripete al commercialista, al quale poi chiede come rimpatriare quei soldi senza destare sospetti. Risultato: nulla di fatto. Vallebuona viene arrestato prima ancora di “risolvere” la questione, tanto che Paoli è costretto a trasferire le pratiche delle sue società ad un altro studio commercialista, la Sysdata, e a provvedere da solo al rimpatrio del denaro in Italia. Al punto che i primi di dicembre i finanzieri, che lo fermano al confine con la Svizzera, trovano nella sua auto un fiume di banconote, ben oltre il limite consentito di 10mila euro.

Il caso politico. Le dimissioni dalla presidenza della Siae arrivate quest’oggi erano state oggetto di un “caso” politico tutto interno al Movimento 5 stelle. Da un lato i deputati grillini, in un comunicato unitario, avevano chiesto all’artista un passo indietro per “rispetto verso migliaia di artisti che non ricevono i compensi trattenuti dalla Siae”; dall’altro Beppe Grillo, in una nota sul suo blog, ne aveva preso pubblicamente le difese, scagliandosi contro il “gioco al massacro di una persona di 80 anni non pregiudicato, né mai inquisito per alcunché”. 

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