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venerdì 24 Ottobre 2025
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Josefa Idem, ‘a sua insaputa’ abita in palestra abusiva e non paga l’Ici

L’ex olimpionica della canoa, attuale ministro dello Sport, accusata dal Comune di Ravenna di aver fissato la residenza nel luogo d’allenamento per eludere il fisco tra il 2008 e il 2011

Ici non pagata per quattro anni, irregolarità edilizie, una palestra per il fitness censita come abitazione e ristrutturazioni senza autorizzazione. E’ una storia imbarazzante quella che coinvolge il ministro dello Sport e delle Pari opportunità Josefa Idem. La ministra, colta sul fatto, non ha dato bella prova di sé. Le sue dichiarazioni hanno fatto tornare alla mente quelle dell’ex ministro Claudio Scajola che si era spinto ad azzardare che qualcuno gli aveva pagato l’appartamento con vista Colosseo a sua insaputa. Anche la plurimedagliata teutonica Josefa sembra abitasse in una palestra, per di più semiabusiva. A sua insaputa. Non meglio precisati “nemici” gli avrebbero fissato la dimora nel luogo dove normalmente si allenava. Non solo. Gli stessi nemici, ai quali lei aveva dato comunque fiducia, convinti che effettivamente la palestra fosse la sua abitazione nel calcolo dell’Ici l’hanno considerata come prima casa. La campionessa pare facesse pure la testimonial antievasione. A meno che, visto i comportamenti il dubbio viene, anche questa mertitevole attività fosse a sua insaputa. Il fisco per Josefa si è dimostrato più ostico delle gare in canoa. Ed è triste vedere una signora che tanti meriti ha conquistato con impegno e professionalità nello sport sminuire lo scivolone sul fisco. Non pagare le imposte è un comportamento molto grave. E una personalità pubblica che riveste un incarico di governo dovrebbe esserne consapevole e trarne le conseguenze.

L’accusa. L’ex campionessa olimpionica di kayak, dal 2008 al 2011 non avrebbe pagato l’Ici su un palazzo di sua proprietà a Santerno, in provincia di Ravenna. Secondo quanto ricostruito finora il punto della questione starebbe nell’elezione della residenza del ministro in quella che era in realtà la sua palestra, registrata invece come prima casa. A insospettire il fisco sarebbe stato il fatto che il resto della famiglia della ministra avesse la residenza in un altro stabile, adiacente a quello dove Idem sosteneva di abitare. In termini di imposte dunque le due strutture risultavano entrambe prima casa e, ai fini del pagamento dell’Ici, godevano degli sgravi fiscali previsti per legge. Nello scorso mese di febbraio, il futuro ministro avrebbe poi trasferito la sua residenza nella casa in cui, di fatto, abitava già assieme al resto della famiglia. L’edificio dove ha sede la palestra inoltre, secondo un accertamento del Comune di Ravenna effettuato l’11 giugno, è stato censito al catasto come abitazione privata, e secondo i tecnici del Comune «non risulta la conformità edilizia e l’agibilità della struttura».

La vicenda sui quotidiani locali. La storia dell’Ici non pagata era diventata pubblica già il 2 febbraio 2013, quando ne aveva parlato il quotidiano locale La Voce di Romagna. In quell’occasione Guglielmo Gerrini, marito di Idem, aveva parlato di “una dimenticanza”, spiegando infatti che la famiglia aveva abitato fino al 2008 in via Carraia Bezzi, l’edificio dove ora c’è la palestra, e che la residenza non era mai stata spostata. Il 5 giugno Idem avrebbe poi fatto un “versamento a titolo di ravvedimento operoso” per sanare l’Ici non pagata.

Le richieste di dimissioni. M5S, Lega Nord, Fratelli d’Italia e parte del Pdl chiedono che il ministro lasci, proponendo una mozione di sfiducia. Il primo ad avanzare questa richiesta, attraverso Facebook, è stato il capogruppo del Movimento 5 Stelle in consiglio comunale, Pietro Vandini: “Visto l’importante ruolo che ricopre, non ritiene necessario fare luce circa le notizie emerse? Se non fosse così, mi autorizza a divulgare gli atti? Se risultassero irregolarità sarebbe pronta a dare le dimissioni?”. Duro il commento di Roberto Maroni, segretario federale della Lega Nord: “Mi sembra veramente incredibile che, come è successo, uno predica bene e razzola male, poi si cade sulla buccia di banana. Se questa cosa fosse successa in Germania, la ministra sarebbe già stata licenziata. Siamo in Italia e quindi serve una spintarella, una mozione di sfiducia”. Anche Fratelli d’Italia, attraverso Giorgia Meloni preme: “Le dimissioni da ministro di Josefa Idem sarebbero un gesto importante e significativo, nonche’ un forte segnale di rispetto verso le Istituzioni e quello che rappresentano. Viviamo in un tempo nel quale la politica, per recuperare la fiducia dei cittadini, deve stare un passo avanti alla società e dare il buon esempio. Sono certa della buona fede della Idem e nessuno l’ha mai messa in dubbio, ma un atto di responsabilità dopo quanto è accaduto è auspicabile”.

La difesa su Repubblica. In un’intervista a Concita De Gregorio, Josefa Idem ribadisce di non essersi mai occupata direttamente della questione – «nella mia vita ho passato sempre tre settimane al mese in canoa, dodici mesi all’anno» – e di avere deciso di non dimettersi, confortata anche dall’opinione di Enrico Letta. «Se ci sono state irregolarità farò come qualunque cittadino. Pagherò con gli interessi», ha detto Idem. «Capisco che posso aver fatto un errore nell’affidarmi a persone che non hanno fatto il mio interesse, perché di questo con evidenza si tratta: se sono stata tenuta all’oscuro o mal consigliata ne ricavo un danno, non un vantaggio. Chi ne fa le spese sono io. Mi assumerò tutte le responsabilità di cittadina ma non posso attribuirmi colpe che non ho».

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