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mercoledì 7 Maggio 2025
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Capitali all’estero, lo scudo ter ha bloccato la lotta al riciclaggio e favorito la corruzione

Fisco Equo pubblica una analisi del sostituto procuratore di Pistoia Fabio Di Vizio sugli effetti nefasti, tuttora in corso, dello scudo ter varato dal ministro Tremonti. Una analisi che dovrebbe porre qualche interrogativo a quanti nel governo e nella maggioranza che lo sostiene si apprestano a varare una nuova sanatoria per chi ha portato illegalmente capitali all’estero. Alla prova dei fatti lo scudo ter ha favorito l’economia criminale, la corruzione e il riciclaggio. Tra i beneficiari c’è chi ha frazionato la dichiarazione di emersione utilizzandola a rate. La genericità della normativa ha favorito un utilizzo ampio dello strumento avallato anche da alcune commissioni tributarie. Lo scudo è stato qualcosa di più di un condono, si è trattato di un’immunità soggettiva talmente estesa da essersi trasformata in una condizione di intangibilità, non limitata al passato, ma estesa anche al futuro, da opporre in maniera quasi beffarda, se ritenuto opportuno ed al momento propizio, al dipendente pubblico impegnato nell’attività di controllo fiscale. La vicenda dello scudo-ter rappresenta un raro esempio di come lo Stato abbia autorizzato un arbitrio ‘in nome della legge’ che ha prodotto e continua a produrre sistematica illegalità. Si è trattato di una sorta di ”legalizzazione postuma di violazioni lucide della legge scambiate per innocue trasgressioni formali”. In pratica lo scudo ha rappresentato una gigantesca operazione che ha consentito a 180.000 connazionali di regolarizzare l’imponente somma di 104,5 miliardi attraverso il pagamento di circa 5 miliardi di sanzioni. Ogni contribuente ha legalizzato in media circa 400.000 euro. Dei 180.000 interessati, ben 105.792 hanno perfezionato richieste di rimpatrio e regolarizzazione dalla Svizzera, 19.967 da San Marino, 11.107 dal Principato di Monaco, 508 da Singapore, 391 dalle Bahamas.

Lo Stato in quella occasione, ha di fatto invitato i suoi funzionari a comportamenti di ”sano realismo” creando un meccanismo normativo abnorme che postulava la ”non punibilità del falso in bilancio” a favore di soggetti non tenuti alla redazione del bilancio e di fatto poneva ostacoli ”alle diverse forme di contrasto degli illeciti economici”. In pratica in nome di una presunta trasparenza futura è stata introdotta ”la segregazione delle conoscenze”. L’incaricato della verifica molto avrebbe da chiedere ma si vede costretto a rimanersene in silenzio. Deve accontentarsi, in definitiva, di una spoglia dichiarazione riservata di importo anche esiguo ma superiore all’importo del maggior imponibile già accertato. Gli effetti pregiudizievoli sull’efficacia dei sistemi di difesa della legalità economica e non solo, non sono stati ancora adeguatamente analizzati, discussi e diffusi. L’indebolimento del contrasto all’illecito e al crimine provocato dallo scudo fiscale ter patisce una diffusa e persistente sottovalutazione, alimentata dal non commendevole silenzio di coloro che ne conoscono la reale gravità. Impedire l’emersione di illeciti economici, specie in danno delle società, significa creare un tessuto molle favorevole alla corruzione. In pratica una legge dello Stato ha legittimato operazioni che possono concretare riciclaggio di beni di provenienza delittuosa. Lo scudo ha giustificato segregazioni delle conoscenze e delle informazioni all’interno delle diverse articolazioni dello Stato e dei soggetti destinatari della normativa antiriciclaggio.

L’operazione è risultata funesta perchè ha interrotto e reciso, di fatto, ogni comunicazione, vitale sui temi del riciclaggio tra soggetti preposti alle verifiche amministrative e Procure, persuadendo nella più parte dei casi i primi a non approfondire e segnalare casi apparentemente coperti dallo scudo opposti in sede di accessi, ispezioni, verifiche e contestazioni.

L’inquinamento dell’azione di contrasto è avvenuto ”anzitutto complicando gravemente, se non paralizzando, l’ordinato funzionamento del sistema antiriciclaggio”. Tutti i meccanismi di innesco e di salvaguardia sono stati depotenziati. Basti considerare alcuni numeri. A fronte di una massa di 104,5 mld e di 206.608 operazioni le segnalazioni di operazioni sospette pervenute all’Uif sono state solo 484. Le fiduciarie statiche, che hanno intermediato 48,4 mld scudati, pari al 95% delle attività legalizzate con il cosiddetto rimpatrio giuridico, cioè senza spostare il capitale dal paese estero, hanno inviato solo 30 segnalazioni di operazioni sospette. Da una indagine amministrativa sulle stesse in relazione alle modalità con le quali hanno assolto i compiti di collaborazione attiva antiriciclaggio sono emerse diffuse irregolarità. Insomma una vicenda triste che ha visto lo Stato abdicare di fronte a reati gravi come l’evasione e il riciclaggio per pochi denari. Se vi sono crimini che si combattono con le leggi, altri sono alimentati da esse, allorchè fingono di non considerare predisposizione al crimine quello che tale è’. Quanto basta per evitare di ripercorrere strade già battute con risultati nefasti per la collettività. E’ ora che i politici pensino a fabbricare leggi ”secondo le aspettative degli onesti” e non ”secondo le esigenze dei furbi”. (Vai al documento completo)

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