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martedì 17 Giugno 2025
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Cassazione assolve Dolce e Gabbana, l’evasione non sussiste

Dolce e Gabbana assolti in Cassazione dall’accusa di evasione. La suprema corte azzera la condanna a un anno e 6 mesi inflitta dalla corte d’assise di Milano. Resta in piedi in commissione tributaria il procedimento per la cessione dei brand D&G alla Gado. 

 

Dolce e Gabbana sono stati assolti dalla Cassazione dall’accusa di evasione fiscale, perché il fatto non sussiste. La Suprema Corte ha emesso la sentenza, che rovescia quelle di primo e secondo grado. Prosciolti anche gli altri indagati: il commercialista Luciano Patelli, Cristina Ruella e Giuseppe Minoni, manager della maison di moda, sui quali pendevano condanne di un anno e due mesi. La controversia giudiziaria, iniziata nel 2007, riguardava una presunta evasione fiscale sui proventi delle royalties dei marchi D&G, attraverso una società parcheggiata in Lussemburgo. In Appello, gli stilisti erano stati condannati a un anno e sei mesi di reclusione.

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La vicenda. Tutto inizia nel 2004, quando i due stilisti costituiscono una società in Lussemburgo, la Gado Sarl, controllata dalla Dolce&Gabbana Luxemburg, che a sua volta fa capo alla D&G srl. Alla Gado, D&G vende i suoi marchi per 360 milioni di euro e concede i relativi diritti di sfruttamento, le royalties, che nel Granducato vengono tassate al 4%. L’operazione finisce in un dossier dell’Agenzia delle Entrate, tanto che nel 2007 la Guardia di Finanza notifica ai due stilisti un verbale di accertamento: secondo i militari, nonostante il trasferimento dei brand, la base operativa dell’azienda sarebbe rimasta a Milano, per cui la società sarebbe stata costituita per evadere le imposte sui diritti d’autore, dal 2004 al 2006, per un danno erariale di 259 milioni di euro.

 

Il processo. Il rapporto viene trasmesso alla Procura di Milano, che nell’aprile 2010 iscrive Domenico Dolce e Stefano Gabbana nel registro degli indagati con le accuse di “truffa allo stato” e “infedele dichiarazione dei redditi”. Secondo i pubblici ministeri Laura Pedio e Gaetano Ruta, i creatori di moda non solo avrebbero sottratto l’imponibile sugli incassi delle royalties ed evaso il fisco per 420 milioni di euro ciascuno, ma anche ceduto i marchi alla Gado Sarl ad un prezzo sottostimato: 360 milioni di euro, contro il valore di 1.193 milioni ipotizzato dall’Agenzia delle Entrate. Nell’aprile 2011, il giudice dell’Udienza preliminare Simone Luerti non accoglie le richieste della Procura e proscioglie i due dalle accuse di frode e truffa per circa un miliardo di euro, perché “il fatto non sussiste”. L’operazione non viola alcuna disposizione: secondo il Gup, le cifre della vendita sono compatibili con le stime della Guardia di finanza, che aveva indicato il valore dei marchi intorno ai 550 milioni di euro.

 

La contesa comunque non si chiude, perchè nel novembre 2011 la Corte di Cassazione accoglie il ricorso della procura di Milano e annulla i proscioglimenti. La palla torna alla Corte d’Appello di Milano, che nel giugno 2013 condanna Dolce e Gabbana a 20 mesi di reclusione con l’accusa di omessa dichiarazione dei redditi, mentre li assolve per il reato da 420 milioni di euro, già prescritto, di dichiarazione infedele. Nel maggio 2014 la Corte conferma la sentenza di primo grado, ma sconta la pena a un anno e sei mesi perché, nel frattempo, anche le accuse di evasione di Iva e Ires per gli anni 2004 e 2005 sono cadute in prescrizione. Nonostante il verdetto della Corte, resta ancora in piedi il procedimento della Commissione tributaria di secondo grado per 346 milioni di euro, tra imposte e sanzioni, per la cessione dei brand D&G alla Gado Sarl. 

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