giovedì 18 Aprile 2024
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Rapporto Lef: in 15 anni peso Irpef su redditi da lavoro e pensione dal 79,66% all’83,75%

di Lelio Violetti

L’Irpef continua a gravare principalmente sui redditi da lavoro dipendente e da pensione: in 15 anni il contributo di tali redditi sul totale è cresciuto di oltre 4 punti percentuali passandodal 79,66 del 2003 all’83,75% del 2018, mentre per contro è calato l’apporto dei redditi da patrimonio (immobiliare e mobiliare) e d’impresa. Sostanzialmente stabile il contributo del lavoro autonomo passato dal 4,19% del 2003 al 4,20% del 2018. Un fenomeno accompagnato, e in parte determinato, da una vera e propria fuga dalla progressività di numerosi redditi, principalmente da patrimonio, che si attesta intorno ai 50 miliardi, mentre continua ad aggravarsi il fenomeno dei cosiddetti incapienti che proprio a causa del basso reddito non riescono a godere a pieno di deduzioni e detrazioni. È la fotografia che emerge dall’ottavo rapporto Lef sull’Irpef elaborato dall’Ufficio studi dell’associazione. Tra le altre criticità la miriade di detrazioni e deduzioni che hanno reso l’imposta complessa e di difficile gestione finendo di fatto per disegnare una curva delle aliquote effettiva molto diversa da quella legale a vantaggio di chi riesce a sfruttare meglio tale complessità. Vi è poi il fenomeno delle aliquote marginali a ridosso degli scaglioni di reddito che per effetto delle detrazioni decrescenti al crescere del reddito creano situazioni abnormi. Dal rapporto infine emerge un fenomeno che riguarda i redditi da pensione: l’imposta pagata dai pensionati cresce con una velocità maggiore in relazione alla crescita del reddito.

Il peso sui redditi da lavoro e da pensione

L’Irpef si caratterizza ormai sempre più come una imposta che colpisce i redditi da lavoro e da pensione, gli unici sottoposti ad un effettivo prelievo progressivo. Dall’analisi dei dati emerge che nel periodo considerato il reddito Irpef complessivo è passato da 665 miliardi del 2003 a 864 mld del 2018. Una crescita determinata principalmente dai redditi da lavoro dipendente e da pensione, in parte minore dal lavoro autonomo, mentre il reddito d’impresa e da partecipazione resta sostanzialmente stabile, gli altri redditi (in cui sono ricompresi redditi da patrimonio mobiliare e immobili) cala. Una realtà meglio fotografata dalla distribuzione percentuale delle varie tipologie di reddito sul totale. I redditi da lavoro e da pensione che nel 2003 pesavano rispettivamente il 52,59% e il 27,07% nel 2018 salgono al 53,88% e 29,87%, con una crescita dell’aggregato di 4,09 punti percentuali, il lavoro autonomo passa da 4,19% al 4,20%, quello d’impresa scende dal 4,58%al 3,72%, quello da partecipazione da 5,16% al 3,98% e gli altri redditi dal 6,41% al 4,35%. Nel complesso i redditi da lavoro dipendente, pensione e lavoro autonomo rappresentano l’87,95% dei redditi Irpef.

La fuga dalla progressività

Un altro fenomeno che caratterizza l’Irpef è quello della graduale uscita di diverse tipologie di reddito dalla progressività di questa imposta. A determinare la scelta diversi fattori che vanno dalla necessità di rendere meno complessi gli obblighi dichiarativi al favorire l’emersione del sommerso, fino alla riduzione dei costi sostenuti dal contribuente per l’intermediazione professionale. Nel periodo considerato sono usciti dalla progressività dell’Irpef circa 40,7 miliardi, ai quali vanno aggiunti altri 9 mld già usciti negli anni precedenti per un totale di circa 50 mld. Le principali esclusioni riguardano: prima casa prima del 2001, gran parte dei redditi di capitale dal 2004 in quanto con l’abolizione dei crediti d’imposta è stata cambiata la loro tassazione e sono assoggettati ad una ritenuta alla fonte a titolo d’imposta; i soggetti (cosiddetti “minimi”) con ricavi inferiori ai 30.000 euro derivanti dall’esercizio di attività commerciali o professionali nel periodo dal 2008 al 2011; i proprietari di abitazioni date in locazione che possono assoggettare i relativi affitti ad un’imposta sostitutiva (cosiddetta cedolare secca) dal 2011; il reddito derivante (rendita maggiorata) dalle abitazioni a disposizione in seguito all’introduzione dell’Imu sempre dal 2011; i redditi da lavoro autonomo e d’impresa sottoposti al regime forfetario, detto dei “minimi” con un’imposta sostitutiva del 15% dal 2015.

Aliquote elevate e groviglio di deduzioni e detrazioni

Dal rapporto emerge che negli anni, anche a causa delle le esigenze di bilancio c’è stata una crescita delle aliquote applicate per determinare l’imposta dovuta, in particolare quelle relative ai redditi medio-bassi. Quando è nata l’Irpef gli scaglioni di reddito, alla base del calcolo dell’imposta erano 32 rispetto agli attuali 5. Le aliquote applicate, pertanto, crescevano, proporzionalmente al reddito, dal 10% al 72%. Nel tempo gli scaglioni di reddito sono stati accorpati e sono state aumentate le aliquote relative a quelli più bassi (attualmente l’aliquota più bassa è pari al 23% fino a 15.000 euro), a quelli medi (attualmente 27% fino a 28.000 euro e 38% da 28.000 euro e 55.000 euro) e sono diminuite quelle più alte (attualmente l’aliquota più alta è pari al 43% per i redditi sopra i 75.000 euro). In pratica vi è stato un aumento della tassazione particolarmente elevata sui redditi medio-bassi mitigata in parte con un abnorme aumento delle agevolazioni (deduzioni, detrazioni e crediti) e l’introduzione di meccanismi che legano l’agevolazione al reddito che falsano la progressività dell’imposta. Si è arrivati ad un sistema che annovera oltre 150 agevolazioni tra deduzioni, detrazioni e credit con agevolazioni decrescenti al crescere del reddito e con ben 6 tipologie di oneri detraibili (19%, 26%, 36%, 41%, 55% e 65%) senza tener conto delle ultime norme sul recupero edilizio (95% facciate e 110% efficientamento energetico e sismico). Tale groviglio di fatto comporta che l’aliquota reale è molto diversa da quella legale può variare di molto da contribuente a contribuente a seconda della sua capacità/possibilità di utilizzare a pieno tutte le agevolazioni che il sistema mette a disposizione.

L’incapienza

Proprio il crescente e progressivo aumento del numero, della tipologia e degli importi delle agevolazioni detrazioni/deduzioni/crediti) concesse a favore dei redditi più bassi, ha finito per generare una ulteriore iniquità del sistema: circa 15 milioni di contribuenti, per lo più con redditi bassi, non riescono a godere in tutto o in parte delle agevolazioni concesse. Si tratta dei cosiddetti incapienti i quali possono godere di detrazioni e deduzioni fino all’azzeramento della loro Irpef. L’ammontare delle agevolazioni non utilizzate dai contribuenti con redditi più bassi per incapienza ammonta circa 10 miliardi di euro l’anno. In pratica per un terzo dei contribuenti Irpef, i più bisognosi, tutta la colossale impalcatura delle agevolazioni specifiche risulta in gran parte inutile perché o non produce benefici o, se li produce, li produce solo in parte.

L’imposta dei pensionati cresce di più in relazione al reddito

Il rapporto mette a confronto anche l’andamento dell’imposta versata in rapporto al reddito per i diversi soggetti. Dall’analisi emerge che per i redditi da lavoro e pensione l’impostaregistra un incremento percentuale maggiore della crescita del reddito. In particolare,l’imposta pagata dai redditi da pensione tra il 2003 e il 2018 cresce del 72,94% a fronte di una crescita del reddito del 45,55%, quella pagata dai redditi da lavoro dipendente cresce del 39,32% a fronte di una crescita del reddito del 35,16%. Una crescita, quella relativa all’imposta pagata dal reddito da pensione dovuta in parte alla fuoriuscita di un gran numero di soggetti dalle soglie di esenzione grazie anche alla perequazione automatica a favore degli importi più bassi e in parte al posizionamento dei pensionati in prossimità degli estremi superiori dei primi scaglioni di imposta con conseguente assoggettamento della rivalutazione ad una aliquota marginale maggiore. Inoltre, e questo vale anche per l’imposta pagata dai redditi da lavoro dipendente, sul maggior aumento dell’imposta ha influito la mancata restituzione del fiscal drag. Per contro nel lavoro autonomo l’imposta cresce del 25,94% a fronte di una crescita del reddito del 32,51%. un andamento che in parte si spiega col fatto che i contributi previdenziali vengono dedotti dai contribuenti in dichiarazione e quindi influenzano in diminuzione la progressività dell’imposta, mentre al contrario ai dipendenti sono dedotti in busta paga e i pensionati non li versano. Infine, l’imposta pagata dal reddito d’impresa cresce più del reddito mentre quella versata dai redditi di partecipazione cresce meno del reddito.

Il rapporto è stato presentato il 7 dicembre alle ore 16,00 dal responsabile del Centro studi di Lef, Lelio Violetti. Sono intervenuti Sottosegretario all’Economia, Cecilia Guerra, che ha affrontato il tema delle prospettive di riforma dell’Irpef, e Massimo Romano, Consigliere della Corte dei Conti ed ex direttore dell’Agenzia delle Entrate sul ruolo dell’amministrazione nella gestione dei tributi.

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